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Scena6 by PrincesseDeLamballe

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Seduta sullo sgabello, un tallone appoggiato sulla seduta, Agata aprì la mano e piegò le dita, che scrocchiarono. Izaak, poco distante, non lo notò. Era in piedi, appoggiato a un mobile e con le mani in tasca. Sorrideva a due ragazze, una castana e una nera. La castana teneva gli occhi bassi e si tormentava le dita. Quando indicò un libro su uno scaffale e Izaak si girò per prenderlo, la nera fece l'occhiolino all'amica e sollevò il pollice in un gesto d'intesa. La castana arrossì, e divenne ancora più rossa quando Izaak si chinò appena verso di lei per porgerle il libro. L'amica disse qualcosa e Izaak rise.
Agata saltò in piedi e trotterellò verso i tre. Appena Izaak la vide il sorriso gli si cristallizzò in faccia, ma Agata non se ne curò. Izaak stese una mano per posarla sul capo di Agata e trattenerla dietro di sé. Non fece in tempo a dire una parola che la nera fece: «Oh! È sua sorella per caso?»
«Sì» rispose Izaak senza scostare la mano da Agata. Lei strinse tra le dita il tessuto della camicia di Izaak. La pancia le gorgogliò. «Ho fame. Andiamo a mangiare qualcosa?»
«Non possiamo, lo sai.»
«E dai.» Con tutte le sue forze diede un pizzicotto sulla natica di Izaak, che si raddrizzò di scatto e la guardò con un misto di stupore e rimprovero. Agata sorrise.  
«Ti chiami Izaak, allora?» disse la nera. «Hai capito, Arlena?»
La castana annuì con forza. Per un istante guardò Izaak con intensità, poi distolse lo sguardo.
«Avete bisogno di altro?» chiese Izaak. La castana scosse con forza il capo e la nera disse: «Solo quello, grazie.»
«Bene. Se volete fare un giro, fate pure.» Izaak afferrò il polso di Agata e la trascinò con sé dietro la cassa. Le ragazze lo seguirono, pagarono e se ne andarono, la nera salutando Izaak con un sorriso e la castana, ancora rossa in viso, con un lieve cenno della mano, prima verso Izaak e poi verso Agata. Quando la porta si chiuse con un tintinnio di campanelli Agata fissò Izaak, le sopracciglia sollevate.
«E allora?»
«Allora cosa?» fece Izaak uscendo da dietro il bancone e iniziando sistemare i libri esposti sopra un mobile. Agata lo seguì, incrociò le braccia e sbottò: «Come, allora cosa? La devi piantare di comportarti così! Di fare così… Così…» Strinse la gonna, fissò Izaak, le labbra le tremarono alla ricerca di un termine. «Così il civettuolo!» fece infine.
«Non facevo il civettuolo» disse Izaak, tranquillo. Girò intorno al mobile e pareggiò una pila di libri.
«E invece sì!» replicò Agata. Sentì le guance scaldarsi e gli occhi inumidirsi per la rabbia. «La devi smettere, hai capito?»
«Sono impressioni tue. Lavoro in una libreria, se mi chiedono un consiglio o un aiuto cosa devo fare? Rifiutarmi?»
«No, ma non… Fare così…» Agata abbassò lo sguardo. I suoi piedi erano vicini al mobile. D'un tratto ebbe la tentazione di tirargli un calcio. Si trattenne, stringendo con più forza il tessuto della gonna.
Izaak sospirò. «Quando ti comporti così non so cosa fare. Non puoi pretendere che non parli con nessuno, o che non guardi nessuno.»
«Ma tu non ti stavi comportando come un commesso» replicò Agata continuando a tenere gli occhi bassi. «Sei sempre stato così, ma adesso… Non puoi più… Visto che… Stai con me…» Si girò di scatto, fece il giro del mobile e si fermò al lato opposto di quello di Izaak. Nascosta dai libri si costrinse a tirare un profondo respiro e sperò che la sensazione di calore sulle guance si attenuasse.
«Certo che sto con te» rispose Izaak pacato. «Ti ho mai detto il contrario?»
«E allora non comportarti più così.»
Sentì Izaak sospirare. «Come vuoi tu, Agata.»
Agata non si mosse da dietro il mobile, ma lasciò la gonna. Giocherellò coi pendagli del suo braccialetto e la sua pancia gorgogliò ancora. Aveva fame per davvero.
Un tintinnio annunciò che qualcuno stava entrando. Era Daniele, che con un cenno salutò i due. «Sono tornato. Agata, sei ancora qui?»
«Sì.»
«E dire che è sabato, potresti rimanere a casa a dormire! Come fai ad aver voglia di alzarti per venire qua, non ti annoi?»
«Mi annoio di più a casa da sola.»
Daniele rise e le posò una mano sul capo. «Fai la brava, eh?»
«Agata, perché non vai a fare colazione visto che hai fame?» intervenne Izaak. «Tanto il bar è vicino, puoi andarci da sola.»
«Allora prendo una brioche e torno.»
Daniele guardò Izaak con aria seria, e lui scosse il capo. «Non puoi, va a finire che sporchi i libri. Vai da sola, su. Niente capricci.»
«Non voglio andare da sola.»
«Allora se proprio vuoi ti accompagno io» fece Daniele. Izaak gli rivolse uno sguardo riconoscente, Agata invece arricciò il naso. «Va bene» mugugnò.
Daniele sorrise. Prese dalla tasca una salvietta, l'aprì, si sfilò gli occhiali e iniziò a pulirli. «Mh, però mi sa che ho lasciato il portafoglio a casa…»
Izaak diede le spalle a Daniele e alzò gli occhi al cielo. «Aspetta.» Andò nel retro e tornò con una banconota da cinque euro, che diede ad Agata. «Tieni, prendi quello che vuoi.»
Daniele si rimise gli occhiali e si diresse verso la porta. Agata lanciò un'occhiataccia a Izaak, poi lo seguì.
Girarono l'angolo e percorsero la via. Agata rimase dietro Daniele, imbronciata, ma lui si fermò ad aspettarla e lei fu costretta a camminargli a fianco. Daniele era più basso di Izaak, gli arrivava alle spalle, e Agata stando accanto a lui si sentì più alta. Osservò i capelli biondicci e spettinati, gli occhiali a montatura quadrata, il mento ricoperto da una leggera barba. Pensò che Izaak era senza dubbio più bello. Daniele abbassò lo sguardo. «Cosa c'è?»
Agata scosse il capo e tornò a guardare la via di fronte a sé. Forse, rifletté, anche farsi accompagnare da Daniele poteva avere i suoi vantaggi. Poteva cercare di estorcergli informazioni riguardo alle compagnie femminili di Izaak.
Arrivarono al bar, pieno nonostante le vie fossero poco affollate. All'aperto c'era un solo tavolino libero e i due si sedettero lì. Arrivò subito una ragazza a chiedere cosa prendevano. Agata ordinò un cappuccino e una brioche al cioccolato e Daniele chiese un caffé. Agata non poté fare a meno di pensare che, oltre che tirchio, era anche uno scroccone. La ragazza tornò poco dopo con le ordinazioni e lo scontrino, Agata pagò e finalmente poté affondare i denti nella sua brioche.
«Hai proprio fame, eh?» osservò Daniele.
Agata annuì. «Izaak oggi si è svegliato tardi ed è uscito di corsa, così anch'io…»
«Che Izaak sia sempre in ritardo non è una novità. O sbaglio?»
Agata alzò le spalle e posò la brioche sul piattino. «Però quando si tratta di portarmi a scuola è sempre puntualissimo, chissà perché.»
Daniele rise. «E quando invece a scuola non ci vai e vieni in libreria mi sa che lo distrai un po' troppo.»
Agata guardò Daniele sfoggiando la sua migliore aria innocente. «Ma io faccio la brava.»
«Sì, lo so. A dir la verità non mi posso lamentare, Izaak ci sa fare con i clienti. Anzi, devo dire che alcuni sono diventati abbastanza assidui.»
«Davvero?» Agata bevve un sorso di cappuccino, senza staccare gli occhi da Daniele, poi gli sorrise. «E scommetto che i clienti più assidui sono delle ragazze.»
«Sei sveglia, eh? Tuo fratello in effetti ha un certo carisma.»
Agata annuì, ma quando poggiò la tazza si accorse che le mani le tremavano. Le nascose sotto il tavolino e continuò a sorridere. «Cambiando discorso» disse, «lo sai che tra poco è il compleanno di Izaak?»
«No, non lo sapevo» rispose Daniele. «Io e Izaak non parliamo di cose del genere…»
«Be' adesso lo sai. È il 27 settembre. Comunque volevo chiederti un consiglio. Non so che regalo fargli. Secondo te cosa potrebbe piacergli?»
«Non lo so, Agata, Izaak è solo un mio dipendente. Non siamo mica amici!»
Agata fissò Daniele e sbatté le palpebre, poi abbassò lo sguardo e finse un'espressione ferita. «Ah, ok.» Prese la mezza brioche rimasta e ne ruppe un piccolo pezzo. Se lo mise in bocca, sempre senza alzare gli occhi. Vide di sfuggita Daniele prendere la tazzina del caffé. Agata staccò un altro pezzo di brioche.
«Ecco, diciamo…» fece Daniele, incerto. Agata alzò gli occhi, speranzosa, e vide che l'uomo sembrava dispiaciuto. «Potresti chiedere a qualcuno di più vicino a Izaak, no? Qualcuno che lo conosca meglio di me…»
Forse era il momento. Agata strinse le mani sotto il tavolino e trattenne il respiro. «Tipo?»
«Mah, non saprei.» Daniele si grattò il mento con aria impacciata.
Agata pensò che Daniele aveva bisogno di qualche altro stimolo a parlare. «Izaak è un tipo riservato, e anche un po' timido… Non riesco proprio a pensare a qualcuno che lo conosca bene.»
Daniele sollevò le sopracciglia con aria perplessa. «Strano! A me Izaak sembra tutt'altro che timido, anzi è molto, come dire… Estroverso? A volte perfino sfacciato.»
«Intendi dire che è maleducato?»
«No, no, tutt'altro! Ma si capisce che a tuo fratello piace… Fare amicizia. Attacca bottone facilmente.»
Agata si costrinse di nuovo a sorridere. «Con le ragazze?»
Anche Daniele sorrise. «In effetti.»
Agata temette che il sorriso apparisse troppo tirato, così bevve un altro sorso di cappuccino. «E non c'è nessuna che torna in libreria più spesso, apposta per lui? Qualcuna a cui possa chiedere consiglio?»
«Be', allora te lo dico, ma proprio in confidenza, eh.» Daniele le fece l'occhiolino con aria complice e si protese verso di lei. Anche Agata avvicinò il capo al suo, fissando l'uomo negli occhi. «C'è una donna che viene abbastanza spesso, in genere al pomeriggio. Mi pare si chiami Sara.»
«Sara» ripeté Agata, e annuì con aria seria. «E come la riconosco?»
Le guance di Daniele presero un po' di colore. «Non saprei… Cioè, è mora, ha i capelli lunghi fino alle spalle, è più bassa di Izaak… E, ecco… Ha il seno un po'… Prosperoso…»
Agata si sentì come folgorata e sgranò gli occhi. Dalle labbra le sfuggì un sussurro. «La poliziotta.»
«Sì, credo che faccia la poliziotta.»
Bingo.
«Grazie, Daniele. Ti ringrazio davvero tanto. Allora chiederò a lei.» Agata riuscì a tenere sotto controllo la voce, ma il sangue le ribolliva nelle vene e le pulsava fino alla testa. Si cacciò in bocca quello che era rimasto della brioche, che ora aveva un sapore secco e stopposo. Solo ed esclusivamente una cliente, aveva detto Izaak. Bene, d'ora in poi ci pensava lei, alla cliente.
Tornarono in libreria, e Agata non disse una parola per tutta la strada. Quando entrarono Izaak li salutò, e quando Agata gli scoccò un'occhiataccia si accigliò. Lei tornò al suo sgabello e si sedette, dritta come un fuso, posò le mani in grembo e assunse un'espressione neutra. Appena Izaak le passò accanto mormorò: «A casa facciamo i conti.»
Written in Italian.

Qualsiasi commento è il benvenuto! Anche le critiche, soprattutto se motivate, saranno ben accette.

Questo lavoro è sotto licenza CreativeCommons.

NB Chi mi conosce bene coglierà senza dubbio un certo riferimento. Si commenti pure in proposito, ma che rimanga velato. :D
Comments6
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nevermade's avatar
Ahahah il pizzicotto sulla natica. xD
E Arlena.
Ohohoh la vedo male per Izaak. :meow: